Rojava information center, Fleming: “Profughi? E’ solo uno stratagemma politico di Erdogan”

Rojava information center, Fleming: “Profughi? E’ solo uno stratagemma politico di Erdogan”

2 Marzo 2020 0

«E’ solo uno stratagemma politico di Erdogan. Stanno scaricando rifugiati negli autobus in Turchia per mandarli al confine greco, ma non hanno aperto il confine con la Siria. Fanno partire afgani, pakistani, siriani, bengalesi, chiunque. E’ una montatura. Le guardie di frontiera turche continuano a sparare contro i curdi e i rifugiati siriani che cercano di passare dalla Siria alla Turchia. Questo confine è il passaggio terrestre più mortale al mondo». Esprime tutta la preoccupazione di una situazione fuori controllo, il commento di Robin Fleming, ricercatore del Rojava information center (Ric) da Al Qamishli, la città a nord-est della Siria al confine con la Turchia, assediata il 9 ottobre scorso dalle forze governative di Ankara, che proprio dalla cittadina del governatorato di Al-Hasaka, da Tell Abyad e Ras al-Ayn, aveva lanciato l’operazione “Sorgente di pace” contro i curdi e le Sdf (Forze democratiche siriane), le milizie della coalizione anti-Isis. Quasi tutto il confine turco-siriano è cinto da una barriera “antiuomo”, un muro lungo 764 chilometri e alto 3 metri, sormontato da un grosso filo spinato, vigilato ventiquattro ore su ventiquattro anche con strumentazioni tecnologiche avanzate. Il “Der Spiegel” nel 2018 aveva rivelato che l’Ue avrebbe assicurato alla Turchia 80 milioni di euro, per rafforzare i controlli nei suoi confini.

«Una notizia mai smentita – dichiara ai nostri taccuini, Francesca Donato, europarlamentare della Lega e membro della commissione Agricoltura, economia e sviluppo regionale a Bruxelles – soprattutto se si considera che la gestione dei soldi, che l’Unione europea dà alla Turchia, non è verificabile. Quindi, esiste un’opacità inammissibile e totalmente in contrasto rispetto ai controlli maniacali che la stessa, invece, effettua sulla spesa dei fondi da parte degli Stati membri. L’Unione si sta comportando come Ponzio Pilato, tacendo pure su quanto sta accadendo ai confini della Turchia. Un vero e proprio atto di genuflessione nei confronti di Ankara – prosegue tranchant – che, oltre ad aver agito in violazione del diritto internazionale attaccando la Siria, adesso si permette anche di ricattare l’Europa, decidendo di aprire le proprie frontiere ai profughi che erano stati accolti nel territorio turco e che là vivevano».

Foto – L’europarlamentare Francesca Donato

L’eurodeputata ha firmato, insieme ai colleghi leghisti,  un interrogazione per l’azzeramento del contributo finanziario versato alla Turchia, oltre alla richiesta di restituzione dei 5 miliardi, per il mancato rispetto degli accordi sulla gestione dei migranti. Intanto, l’escalation del conflitto degli ultimi giorni a Idlib nel nord-ovest della Siria, dove Mosca e Damasco sono impegnate nella lotta contro il gruppo qaedista Tahrir al-Sham, e dove giovedì scorso 33 militari turchi sono stati uccisi durante un raid delle truppe di Assad, il capo di Stato turco Recep Tayyip Erdogan ha promesso che avrebbe aperto le porte ai rifugiati (ma evidentemente non quelle poste al confine siriano, stando a quanto riferito dal Ric) per recarsi in Europa, non potendo più gestire nuove ondate di persone in fuga dalla Siria.

Secondo le Nazioni Unite sarebbero più di 2 milioni e mezzo i civili a rischio fuga dall’area. Quasi un milione di persone sono in grave pericolo, stremate dal freddo e dalla carenza di cibo e cure mediche, mentre altre 900 mila sono fuggite negli ultimi mesi dalle loro case o dai rifugi di fortuna a Idlib. Intanto, nel fronte opposto, quello orientale, dopo l’assedio turco della Regine autonoma a maggioranza curda del Rojava, i raids contro i jihadisti dell’Isis e gruppi di cellule dormienti da parte della coalizione a guida americana- la cui massiccia presenza rimane ancora schierata ad Al-Qamishli e nelle aree vicine,  riferiscono dal fronte Fleming ed il reporter di Paris Match, Frédéric Loore – fra dicembre e gennaio «sono diminuiti del 71 per cento – scrive in un rapporto il ricercatore del Ric – con appena 14 incursioni contro le 48 di settembre, il mese antecedente l’invasione turca. Pure gli arresti dei miliziani del Califfo operati dalle Sdf, non hanno raggiunto i numeri precedenti l’operazione “Sorgente di pace”.

«Al contrario – segnala il rapporto – gli attacchi terroristici sono aumentati del 78 per cento nel nord-est del Paese. Resta da vedere quando e se i raid congiunti di Sdf e coalizione raggiungeranno nuovamente la loro frequenza: è chiaro – conclude Fleming nella sua analisi – che ciò potrà accadere solo se le tensioni tra la Turchia e l’Amministrazione autonoma non aumenteranno di nuovo».

Infografica – Turchia contro Siria: i numeri in gioco prima e dopo l’invasione turca

L’azione turca per neutralizzare le Sdf, le Unita di protezione popolare (Ypg e le Ypj) considerate da Erdogan contigue al Pkk,  condannata dall’Unione europea, Lega araba, Iran, Israele, India e Regno Unito e dallo stesso Assad come un assalto al territorio di uno Stato sovrano hanno contributo a destabilizzare un’area che si avviava alla normalizzazione, con una riduzione del 90 per cento delle forze jihadiste. Che, invece, hanno approfittato degli attacchi turchi per un fuggi fuggi generale dai centri di detenzione allestiti dalle Sdf. Centinaia di miliziani, esperti in Ied (ordigni esplosivi improvvisati) hanno lasciato il campo di Al Hol, facendo perdere le loro tracce, mentre rimangono ancora prigionieri delle Forze democratiche siriane 13mila miliziani locali ed oltre 2000 foreign fighters. A questi, riferiscono dal Rojava information center, si aggiungono  60 mila combattenti legati all’Isis, detenuti in campi sicuri e controllati dalle Sdf e dall’Asayish (la sicurezza interna), tra cui oltre 10 mila cittadini stranieri.

Marina Pupella
MarinaPupella

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