I Paesi europei litigano per il gas russo, con addosso sempre la pressione degli USA
I Paesi europei litigano chi per avere il gas russo chi per impedire agli altri di comprarlo. E su tutti quanti pesa la pressione esercitata dagli USA per imporre l’acquisto del GNL americano. A scatenare la prosecuzione della bagarre è stata la chiusura voluta da Zelensky ai gasdotti ucraini che portavano il gas russo in Europa.
Prolungamento sofferto delle sanzioni
Dopo trattative spinose, il Consiglio UE ha approvato la proroga delle sanzioni anti-russe. Dunque fino al 31 luglio dureranno divieti su commercio, tecnologia, trasmissioni radiotelevisive (leggasi “censura”), finanza ed energia. Su quest’ultimo punto l’hanno spuntata i vertici di Bruxelles, che condividono con gli avversari interni di Trump lo scopo di troncare le forniture energetiche russe all’Europa. L’altra finalità dichiarata è sostenere l’Ucraina, asserisce l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Kaja Kallas: Ciò continuerà a privare Mosca delle entrate per finanziare la sua guerra. Dopo 15 pacchetti sanzionatori non si vede una grande efficacia della strategia europea, ma tant’è. Adnkoronos esalta la determinazione della UE nel voler mantenere la pressione economica su Mosca per contrastare l’aggressione in Ucraina. Ma ammette il rischio di erosione del consenso interno, le difficoltà economiche legate all’inflazione energetica e la necessità di garantire il continuo approvvigionamento di materiali strategici. Per Bruxelles non sono problemi da poco.
Ungheria vs Ucraina
La decisione di Zelensky di chiudere i gasdotti che passano dall’Ucraina è ancora al centro di polemiche. Secondo il primo ministro ungherese Victor Orbán, è comprensibile che gli ucraini cerchino di danneggiare la Russia, ma in questo modo ne stanno facendo pagare il prezzo all’Ungheria, dimostrando disprezzo invece che spirito collaborativo. Orbán ha quindi posto il veto sul rinnovo delle sanzioni e a Bruxelles hanno dovuto trovare un compromesso. Con una dichiarazione congiunta, la Commissione Europea si impegna a discutere con Kiev la ripresa del transito di gas dal territorio ucraino, in particolare quello azero. Tale soluzione ha scongiurato una crisi istituzionale perniciosa per la credibilità della UE. Tuttavia alcuni diplomatici europei hanno accusato Budapest di anteporre interessi nazionali a quelli collettivi. Insomma, per costoro Orbán dovrebbe fare alla stessa maniera di altri premier europei, cioè cedere ai loro ordini e lasciare che l’economia nazionale vada alla malora.
La zappa sui piedi
Le pressioni per comprare zero gas russo e tanto gas americano vengono da varie parti: da Trump, che con bastone e carota vuole costringere l’Europa a fare gli interessi USA; dai nemici di Trump, che da anni perseguono tale politica; dalla stessa Commissione UE, la cui presidente Ursula von der Leyen a novembre aveva dichiarato esplicitamente: Perché non sostituire il gas russo col GNL americano, che ci costa di meno e abbassa i nostri prezzi dell’energia? Eppure i Paesi membri non ne sembrano convinti, visto che stanno acquistando combustibile russo a un ritmo senza precedenti. Nelle prime due settimane del 2025 hanno già importato 837mila tonnellate di GNL siberiano, contro le 760mila del medesimo periodo nel 2024. La compagnia tedesca Sefe, oggi sotto controllo ministeriale di Berlino, nel corso del 2024 ha acquistato un quantitativo di carichi navali di GNL russo che è sei volte tanto rispetto al 2023.
Si accusano a vicenda e intanto comprano
Avviene però che i Paesi europei aderiscano formalmente agli “interessi collettivi” tanto cari agli euroburocrati, mentre cercano di soppiatto di comprare quanto più gas russo possibile. E contemporaneamente puntano il dito l’uno contro l’altro, accusandosi di aggirare i divieti e simpatizzare sottobanco per Putin. La Germania è uno dei protagonisti di questo teatrino. Prima dice che ha vietato l’importazione di GNL russo, poi che tale gas ha un ruolo marginale nel suo schema energetico, e infine che esso le arriva mischiato a combustibili di altra provenienza, diventando così impossibile da individuare. Infatti, una volta che le forniture giungono ai porti belgi o francesi e da lì entrano sul mercato europeo, stabilire l’effettiva composizione del gas è compito arduo. Dunque i tedeschi rifiutano l’accusa di essere degli ottimi clienti di Gazprom, dicendo invece di prendere il gas dal Belgio. Che però non è affatto un produttore di gas…
Nord Stream: Polonia vs Germania
Alle elezioni tedesche di febbraio sembra avere ottime chance il partito Alternative für Deutschland, che ha suggerito di ristabilire l’operatività del Nord Stream. L’infrastruttura era stata costruita per portare il gas siberiano direttamente in Germania. E ora con Berlino se la prende pure Varsavia, il cui presidente Andrzej Duda ha fatto dichiarazioni pesanti alla BBC. Secondo lui quel gasdotto non dovrà mai più essere riparato né rimesso in funzione, dopo il suo danneggiamento nel 2022. Anzi, specifica, dovrebbe essere smantellato, altrimenti i tedeschi potrebbero essere tentati di risollevare la propria economia ricorrendo al gas russo. Questa non si chiama ingerenza da parte di un capo di Stato negli affari di un Paese terzo? Addirittura col sospetto di un interesse polacco nella questione. A suo tempo infatti il ministro degli Esteri Sikorski aveva pubblicato – e poi cancellato – un post di ringraziamento agli americani per aver distrutto il Nord Stream.
Tirati in mezzo pure i turchi
Duda non sarà accontentato. La Danimarca infatti ha dato il permesso di effettuare opere di manutenzione sul gasdotto. I lavori servono ufficialmente per ridurre i rischi ambientali dovuti al danneggiamento delle condutture. Saranno effettuati da una società svizzera sussidiaria della Gazprom. E intanto pure la Turchia è finita in mezzo a questo confronto tutti-contro-tutti che vede in palio il gas russo. Infatti la scorsa settimana droni ucraini avrebbero attaccato il TurkStream, il gasdotto che parte dalla Russia, passa dalla Turchia e correndo sotto il Mar Nero arriva a rifornire la Serbia e la Ungheria. Il Ministero della Difesa russo ha accusato gli ucraini di aver preso di mira la stazione di compressione situata nella regione meridionale di Krasnodar. Kiev non ha fatto commenti. I turchi hanno confermato l’avvenuto tentativo di attacco contro l’infrastruttura, rassicurando che l’operatività del gasdotto non è stata interrotta.

Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.