Christian Salmon aggiorna per noi il suo libro “Fake” alla pandemia che stiamo vivendo. ‘L’era dello scontro’ continua. A costo della nostra vita

Christian Salmon aggiorna per noi il suo libro “Fake” alla pandemia che stiamo vivendo. ‘L’era dello scontro’ continua. A costo della nostra vita

28 Marzo 2020 0

La saggistica e in particolare quella che tratta di comunicazione e di storia può apparire ostica ai più. Non è così invece per Fake, il nuovo libro dello scrittore Christian Salmon pubblicato da Editori Laterza. Questo lavoro riesce a ripercorrere decenni di storia e tratteggiare i ritratti dei principali protagonisti noti e meno noti della scena politica mondiale senza mai stancare, ma soprattutto regalandoci chiavi di lettura, sfumature e prospettive innovative.

Infografica – Biografia dell’intervistato: Christian Salmon

Siamo condannati ad una vita politica ritmata dallo shock, dallo scontro, dal panico, dalla trasgressione?

Questo al momento non è documentabile. La pandemia di coronavirus è la terza crisi destabilizzante del 21° secolo, superando di gran lunga gli effetti delle due precedenti crisi, quella dell’11 settembre 2001 e il crollo  finanziario del 2008. “La vita si è trasformata in una serie senza tempo di shock tra cui vi sono buchi dilatati, intervalli vuoti e paralizzati ”, scriveva T.W. Adorno nel 1945 per descrivere l’esperienza del fronte durante il secondo conflitto mondiale. Tutto ciò che è accaduto dopo l’11 settembre, terrorismo, catastrofi ecologiche, crisi finanziarie, epidemie appartiene esattamente a questa serie senza tempo di shock, quella che nel mio libro definisco “l’era dello scontro”. La vita politica e mediatica collettiva non è più organizzata in sequenze o schemi. Non è più ritmata dall’intreccio ma dall’imprevedibilità, irruzione, sorpresa. La trama, che richiede una certa continuità per superare i colpi di scena di un intreccio, ha lasciato il posto a scontri virali. D’ora in poi, viralità e rivalità andranno di pari passo, virulenza e violenza, scontro e guerra saranno delle narrazioni. Siamo passati dalla storia allo scontro, dall’intrigo alla trasgressione, dalla suspense al panico, dalla successione a una serie atemporale di shock. L’ avevo annunciato nel mio libro, lo stiamo vivendo con questa pandemia.

– Nel suo saggio rivede anche la storia del terrorismo moderno slegandolo in parte dalla matrice religiosa.

In campo religioso, una catastrofe non è mai priva di significato. Fuori da quest’ambito, nulla ci consente di sfuggire alla violenza irrefrenabile.

L’attacco delle Torri gemelle non ha generato conoscenza, ma ignoranza. Non ha svelato un significato nascosto, ma la dislocazione del significato e  della narrazione nella loro interezza. Un’epifania capovolta.

Forse dovremmo semplicemente prendere la misura di questa opacità, di questa illeggibilità. Non solo come insufficienza, lacuna, mancanza di informazioni o di ritardo nelle informazioni sull’evento, ma come unico evento reale. Tutto quel che ci è successo dall’11 settembre, terrorismo, catastrofi ecologiche, crisi finanziarie e questa pandemia globale contribuisce a questa illeggibilità della storia. L’epidemia di Coronavirus non è un attacco terroristico, ma lancia lo stesso enigma da decifrare in misura maggiore. L’11 settembre è stato circoscritto nel tempo, nello spazio e nella sua grandezza. È successo a New York, è durato qualche ore e sono morte tremila persone. La valutazione della pandemia è incommensurabile: mette in scena un 11 settembre ogni tre giorni. La pandemia non è limitata nel tempo e nello spazio. Sta progredendo ovunque allo stesso tempo. Inoltre non ha un autore identificato. Non abbiamo un Bin Laden a portata di mano a cui imputare il crimine e confortarci . Possiamo dichiarare guerra, ma il nemico è invisibile e il campo di battaglia si estende nelle nostre stanze. È un evento senza autore, senza ragione, senza limiti di tempo e spazio, che ci attende all’angolo della strada. Dopo la tragedia dell’11 settembre, potevamo dichiararci americani o newyorchesi, ma abbiamo vissuto la tragedia a distanza da spettatori, come abbiamo assistito a guerre e disastri ovattati nei nostri Paesi. Ma questa volta la minaccia può cadere su di noi come un drone. Chernobyl aveva unificato l’Europa sotto la stessa nuvola radioattiva, ma pochissimi ne erano a conoscenza. E non c’è sarcofago per contenere la pandemia. Lei va per la sua strada e si prende gioco  delle nostre precauzioni.

Lei critica senza remore i cosiddetti populisti: eppure non sono proprio loro  che vorrebbero un rafforzamento di quella sovranità statale che lei definisce indebita se non scomparsa portando dal rituale alla telerealtà? Le crede che la globalizzazione sia un processo irreversibile? E il neoliberismo?

Governare in tempi di epidemia non è più prevedere ma saper gestire l’imprevedibile, non più mobilitare i cittadini per fini comuni, ma immobilizzarli e isolarli, non più creare le condizioni di vita in comune, ma sospenderle nel tempo e nello spazio. L’epidemia è una sfida narrativa al buon governo. I governanti non hanno altra risposta da opporre se non il confinamento delle popolazioni, ma nel momento in cui vi cedono mostrano i sintomi e le debolezze di un potere vacillante. È qualcosa di instabile, vulnerabile che vediamo dappertutto all’opera nelle dimostrazioni di forza nazionalista che sono come iperboli della sovranità perduta. I politici alzano la voce quando sentono di non controllare più nulla. Diversi Stati hanno già sospeso i loro parlamenti. (Israele, Turchia, Ungheria …). 

La progressione dell’epidemia del coronavirus non si misura solo con l’allarmante aumento del numero di persone infette e i decessi in tutto il mondo, ma si traduce in una malattia meno evidente e ugualmente contagiosa che si sta diffondendo nel dibattito pubblico. Questo male è il sospetto che mina ogni forma di discorso autorizzato, sia esso emanato da governi o istituzioni responsabili della salute pubblica, epidemiologi, esperti dei media, giornalisti.

–  Il credito dell’uomo politico, secondo lei basato su due scale valoriali e sincronizzate nell’antagonismo, cioé della fiducia dell’opinione pubblica e della solvibilità  del debito pubblico stabilito dalle agenzie di dating, varrà ancora dopo questa pandemia e conseguente periodo di recessione?

L’epidemia di Coronavirus non è solo “intrattabile” in senso terapeutico, nella misura in cui la medicina non dispone attualmente di alcun trattamento specifico, è “intrattabile” politicamente perché espone l’impotenza degli Stati di fronte a grandi sfide economiche, ecologiche e sanitarie. Per prima cosa hanno cercato di ridurre al minimo la portata dell’epidemia. Trump è andato oltre in questa smentita. Nel frattempo l’epidemia stava guadagnando terreno, il virus non si disarmava. Erano i mercati a crollare. E non mi riferisco solo al mercato azionario ma anche a quello obbligazionario. Ancor peggio, i beni rifugio, i buoni del tesoro e l’oro americani che non trovavano acquirenti, probabilmente a causa della mancanza di liquidità. Di fronte alla prima grande sfida sanitaria transnazionale, i politici, siano essi sovranisti o liberali, hanno scelto di agire nel quadro nazionale. La retorica del muro associa al concetto di confine un’intera sintassi della minaccia, del pericolo esterno, dell’invasione. Mentre l’epidemia dimostra l’interdipendenza di popoli e nazioni, i muri sono difese povere, nella migliore delle ipotesi sono solo totem alle frontiere. Possono rassicurare le popolazioni che si sentono minacciate ma non fermano le epidemie.

Cosa resta del potere dello Stato di agire di fronte alla natura sovranazionale dei “rischi, dall’ecologia al terrorismo?” La crisi dei subprime aveva attaccato le proprietà dei cittadini, i loro lavori, le loro case. Il Coronavirus sta ora attaccando i loro corpi, le loro vite. È la macabra danza della sovranità che presiede il nostro carnevale politico ai tempi del Coronavirus. Vi partecipiamo, più o meno giocando sui nostri smartphone, docilmente confinati. Ma ora sappiamo che questo carnevale ha un prezzo. Le nostre vite.

Traduzione: Marina Pupella

Infografica – Recensione Libro “Fake” di Christian Salmon
Marco Fontana
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